venerdì 18 ottobre 2013

Un giorno in più

Quando sono rientrata dalla prima maternità ho negoziato con il mio capo la possibilità di continuare il corso di acqua baby con Mini, iniziato al mattino di un giorno feriale durante il periodo di astensione dal lavoro. Ho chiesto, mi è stato accordato. E’ un lusso, lo so. Io ho chiesto e lui ha detto di sì. E da allora ho declinato in modi diversi e in fatica crescente il privilegio del tempo “in più”.

All’inizio non era un giorno ma solo qualche ora: io e Mini di corsa in piscina e poi io di corsa al lavoro con i capelli appiccicati, spesso  a forma di cappellino di lana, gli occhi rossi, una puzza di cloro piuttosto pungente e un abbigliamento davvero poco professionale (odio stare negli spogliatoi delle piscine, la sacca, gli asciugacapelli che non asciugano, il caldo umido…naaaaa. Jeans, maglietta, cappellino e via di corsa)

Prima di tornare al lavoro io e Mini rientravamo a casa innamorati e stanchi mangiando una focaccia complici, persi nel nostro tempo insieme. Dopo il rientro…una corsa contro il tempo: parcheggio in derapata, nano ejettato dormiente tra le braccia e fugone verso l’autobus.

Per 3 anni - 30 giovedì all’anno - sono arrivata in ufficio alle 13, ho consumato ferie e permessi, ho fatto le corse più pazze del mondo per fare in modo che nessuno notasse la mia assenza, ho organizzato riunioni, meeting e appuntamenti per il capo tutti i giovedì mattina perché fosse impegnato e non vedesse il mio posto vuoto, perché il famoso cerchio diventasse quadrato.

Poi è arrivata Micro e ho rinegoziato con il capo e gli altri soci la possibilità di proseguire il corso con entrambi i bambini in un giorno feriale. Un altro privilegio? Sì, sicuramente sì, lo so. Raddoppiati i bambini e l’impegno e non avendo più ferie da consumare, ho salvato giorni di maternità. Sono rientrata 100 giorni prima. Il prezzo da pagare per il mio privilegio. Fortunata? Sì. Organizzata? Anche.

Totale: ho ottenuto l'equazione perfetta, quella che tutte le donne inseguono: “il giorno in più”. Un giorno libero feriale. Di mattina tutti in piscina, di pomeriggio tutti con la mamma e un pomeriggio tutto per la mamma. E’ come un sabato senza marito, un sabato in più, un giorno di lavoro in una settimana di ferie (dai non raccontiamoci balle…le vere ferie sono in ufficio.)

Il mio “giorno in più” mi regala le emozioni delle mamme che non lavorano (espressione che trovo molto ridicola, maschilista e ignorante). Ci sarebbe una tata dalle 4.:30 ma siccome è sicura come il 13 al totocalcio, mi organizzo da me. Ho farcito il martedì pomeriggio di tutte quelle incombenze in cui non si può coinvolgere il marito, con o senza bambini: pranzo con l’amica puerpera (vietato ai mariti), ikea (vietata ai mariti per definizione e proibita di sabato), la spesa quella con la S (quella che i mariti contestano perché reputano inutile…salvo mangiare a quattro palmenti il tiramisù che era in offerta), l’oculista, il ginecologo, il dentista, il pediatra, la farmacia, la tintoria, le commissioni conto terzi “tanto sei a casa tutto il giorno”!! ARGGH ma il mio cerchio da quadrare? Il mio “giorno in più”? L'equazione perfetta? Ero sicura di aver trovato la formula per gestire il tempo “in più” per me e invece…farmi i fatti miei alle 4 del pomeriggio al martedì è più difficile del previsto!

Il giorno in più è quello che sognavo una volta, rientrare in ufficio è quello che sogno adesso. UFFA!

Le mamme a casa dovrebbero ricevere l’Ambrogino d’oro o il cavalierato del Lavoro! Una mamma a casa fa un lavoro occulto, faticoso, non riconosciuto, non remunerato e mai premiante. Non c’è riunione o progetto altrettanto soffocante come due nanidagiardino incollati ai polpacci, lamentosi e litigiosi, non c'è collega altrettanto strega come un branco di mamme davanti alla scuola o davanti agli scivoli dei parchetti.

Il "giorno in più" - però - mi ha dato una lezione importante: ho imparato il valore dell’omertà. La mamma perfetta tace, non svela il trucco. La mamma perfetta non è MAI a casa, ha SEMPRE un impegno!

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