martedì 26 febbraio 2013

Mamme e malanni

Se hai 40+ anni e non ci fai caso.
Se ospiti in casa una gnometta in fase di dentizione (multipla e contemporanea).
Se non hai adeguato il cassetto dei pigiami ma è rimasto quello di quando ti sei sposata.
Se finito il periodo dell'allattamento notturno hai voluto indossare una camicia da notte di seta rossa, corta, che è un ricordo, che è comoda e che sotto il piumone tiene caldissimo.
Se hai l'abitudine hippy di camminare a piedi scalzi e se hai il parquet in tutta la casa.
Se hai sposato l'idea che ognuno dorme nel proprio letto.
Se è febbraio e nevica o piove senza soluzione di continuità da settimane.

HAI VINTO...L'INFLUENZA!!

La gnometta si sveglia 20 volte per notte strillando senza trovare pace nè in braccio nè a letto.
Ogni strillo è un recupero da rugbista per lasciar dormire gli altri abitanti della casa. Con quello che ne consegue: il cuore a tremila, la mente annebbiata, la nausea, tutti gli effetti collaterali del risveglio violento. Perchè solo i marines a 20 anni sono capaci di essere operativi contestualmente alla sveglia. Una mamma a 40 ha bisogno comunque prima di ricordarsi….perchè l'ho fatto….e poi interviene!
La gnoma va ninnata passeggiando per la casa lontano dalle camere e…la camicia di seta rossa, corta a cui si è molto affezionati perchè è un ricordo….quella che SOTTO il piumone tiene caldissimo, SOPRA il piumone tiene freddissimo, perchè si raffredda in 3 secondi e ti fluttua addosso gelida.
Il parquet di notte a piedi scalzi è un lago ghiacciato norvegese su cui pattinare con i piedi caldi di piumone.

Se poi la ultimate solution è un campeggio in soggiorno con una coperta e due cuscini perchè tenere in braccio la piccola inferocita è diventato pericoloso, perchè dopo tante notti come questa si ha voglia di riprovare l'emozione del cuscino, perchè si è svegliato anche il bambino grande e non ci sono altre risorse per calmare pure lui, perchè il pater familias ha bisogno di dormire (davvero), allora sì che il termometro schizza come lo shuttle.

E' un chiaro caso di autolesionismo materno (attempato) o di stupidità senile. In entrambi i casi il problema necessita di una soluzione in tempo reale perchè la febbre della mamma deve durare un giorno, pena l'inceppamento del meccanismo. Perchè se da piccoli l'influenza è una settimana a casa a giocare con la nonna, da grandi l'influenza è un giorno da reclusi sotto il piumone imbottiti di medicinali di varia provenienza.

E mi si è svelata la verità: i bambini non escono di casa finchè non sono guariti, i grandi non restano a casa finchè non sono piegati, e anche in quel caso…da casa ci passano solo per un riposino. SOB!

venerdì 22 febbraio 2013

L'insostenibile leggerezza di una notte insonne

In questi giorni non scrivo perchè ho sonno. Ho sonno perchè non dormo. Non dormo perchè a un certo punto della mia vita ho pensato che ero pronta per un secondo bambino. Perchè il primo mi ha convinto con i suoi occhioni blu e le sue notti di sonno profondo che c'era spazio per un altro membro della famiglia. MI HANNO IMBROGLIATO!!!
Il nuovo membro della famiglia, non è un roseo neonato...ma un alieno urlante, sbavante, isterico. Ha un timbro di voce tale per cui quando urla muoiono intere greggi di pecore in maremma! Non piange come un neonato che chiede l’intervento della mamma, urla direttamente a squarciagola, ultrasonica. E questo accade soprattutto di notte.
Non è dotata di corde vocali, ma di fischietti per i cani. Il suono ti prende il cervello, non ti fa ragionare. Tutti i rimedi classici con lei non funzionano. Finchè non ha finito il suo "canto libero" non la ferma nessuno. DIventa solo più nevrotica se qualcuno cerca di calmarla. Il suo è uno stato di perenne sindrome pre-mestruale. Di già?? Si salvi chi può!
“Ma signora, è come non averla questa bambina. Ma come siete fortunati, sorride sempre e gioca da sola con la cesta dei giochi?” Mi dicono tutti i giorni al nido. Ma come? Ma perché? A casa è un incubo, non sappiamo più come farla tacere. Siamo tutti e tre davvero provati. Se non sta urlando si sta arrampicando. E possibilmente ha trovato il vaso ming della bisnonna.
Fame, freddo, caldo, denti, pancia, tosse, cacca, naso, febbre...qualsiasi scusa è buona per non dormire! Lei e tutti gli innocenti abitanti del palazzo. La iena dorme 20 minuti al massimo, ogni 20 minuti. Il fatto è che a questo punto sono affranta. Sono troppo vecchia per essere in debito di sonno e per altro non mi diverto mica come 20 anni a stare sveglia tutta la notte...senza musica, amici, chupito…c'è davvero poco da ridere.
Il lavoro è un miraggio, l'ufficio un’isola di pace e serenità. Nessun carico di lavoro è mai troppo stancante. Basta solo che per chiedermi di fare qualcosa mi si scriva e non mi si parli. Le mie orecchie pretendono una pausa.
In questi giorni oggettivamente Micro non sta bene, è influenzata, raffreddata e chissà cos'altro e quindi all’inquinamento acustico si aggiunge che è mammona, lagnosa, agitata, nervosa, inquieta. E io con lei. Lo so, lo so che non è nulla, che c'è di peggio, che era nel manuale della mamma, che lo dovevo sapere prima, che sono mediamente fortunata, che c’è chi si è dimenticata il sapore del sonno...le so tutte, non è una gara. Però so anche che la tortura è illegale in molti stati del mondo. Perché nessuno lo dice a Micro? Lei ci sottopone a quella più crudele di tutte: la mancanza di sonno o il sonno interrotto. E’ un reato. Glielo diciamo? Passeggiando su e giù per la casa, entrando e uscendo dal mio letto un numero imprecisato di volte mi domando se davvero i bambini arrivino dal cielo o in realtà dal tribunale dell'Inquisizione per estorcere ai genitori confessioni improbabili a fronte di dolorose quanto illegali torture.
Se sopravvivo a queste settimane, come tante mamme prima di me e peggio di me - non è una gara, lo ribadisco - prenoterò un paio di settimane di vacanza all'Accademia di Quantico. Ho capito che il corso di sopravvivenza dell'FBI è una specie di Spa perfetta per rilassare una neo mamma quarantenne dell'anno tremila!

lunedì 18 febbraio 2013

Moto a luogo VS Stato in luogo

Ho deciso: voglio vivere in un telefilm. Sarebbe tutto più semplice.

Per prima cosa avrei un guardaroba meraviglioso - che non ho fatto fatica a procurarmi, che per certo mi sta bene, che non devo lavare e stirare…né rimettere a posto nell’armadio.
Sarei sempre in ordine e soprattutto avrei sempre il vestito giusto al momento giusto anziché sembrare per lo più una scappata da casa. Per non parlare di trucco e parrucco: impeccabile a qualsiasi ora del giorno e…della notte!

Farei le valigie in 4 minuti rovesciandoci dentro mille cose senza verificare se servono o meno e soprattutto senza piegarle. Avrei sempre il frigo pieno - senza aver fatto la fatica di fare la spesa e mio marito avrebbe voglia di chiacchierare con me (perché le pause di silenzio nei telefilm non ci sono mai).

Ma una cosa più di tutte mi ha convinto: sarei sempre nel posto dove devo essere, in un attimo. Senza correre, senza traffico, senza imprevisti. Arrivo e basta. Sto aprendo la porta. Basta dire: dobbiamo andare e…cambia la scena, cambia il luogo, le persone, il vestito in un battito di ciglia.

Sarebbe bellissimo. Le giornate sarebbero più rilassate e riuscirei a fare tutto quello che ho sulla to do list quotidiana, e magari anche qualcosa di più. Perché ogni azione è riassunta, non è lunga e lenta come nella vita vera.

Stamattina ho una riunione in ufficio e vorrei mettere i tacchi ma devo portare i bambini al nido e a scuola e poi prendere i mezzi. Non c’è problema: cambio di scena e dopo le scuole eccomi in ufficio con i tacchi e senza l’affanno di chi sale e scende dalle scale della metro.

Oggi pomeriggio vorrei passare al super prima di tornare a casa. Non c’è problema. Cambio di scena e sono già fuori dalla slunga con due enormi sacchetti pieni ma non è un problema portarli a casa perché….cambio di scena e sono in cucina, sto mettendo nel frigo una bottiglia di latte (l’unica cosa che metto a posto). Devo pensare alla cena per tutti ma non è un problema…cambio di scena e io e Maxi siamo mangiando cotolette impanate mentre i bambini giocano tranquilli. Dopo cena sparecchio, sistemo la cucina (metto in lavapiatti solo un piatto e asciugo solo il lavandino perché il resto è perfetto), stendo la biancheria che in qualche momento ho lavato, vado a fare due chiacchiere da un’amica mangiando nutella, finisco l’album di foto sul computer che ho promesso alla zia un mese fa, guardo un po’ di tv con Maxi, sistemo i vestiti dei bambini per domattina, metto un po’ d’ordine (perché la domenica a casa mia si assiste a un’inesorabile quanto capillare applicazione pratica della prima legge del caos), mi faccio una doccia calda, la maschera rilassante, leggo la posta, scrivo il mio blog, leggo un bel libro, guardo un film…tanto non c’è nessun problema, sono ancora solo e sempre le 10 di sera.

Il sabato poi sarebbe miracoloso: spesa, tintoria, farmacia, calzolaio, outlet di pannolini, sfilata di carnevale con amica e nanetto, seggiolino nuovo per Mini, pranzo fuori, suocera a merenda, amici a cena (tavola da preparare, cena da cucinare, bambini da lavare, nutrire e mettere a letto), casa sa sistemare. NON C’E’ PROBLEMA…basta un cambio di scena, di set, di abito, basta eliminare i tempi morti dei trasporti, dei viaggi, degli spostamenti et voilà! Perché alla fine, diciamoci la verità, il problema è il “moto a luogo”. E’ lui che impedisce di fare tutto quello che vorremmo, che trasforma la to-do-list in una “wish list” e che allunga i tempi di realizzazione di doveri e piaceri, che ci costringe a scegliere cosa fare e cosa non fare.

Caroline Ingalls andava a piedi a Walnut Grove a comprare le uova e quando tornava a casa dopo aver camminato per 4 km sotto il sole (nella prateria non pioveva mai), nella terra polverosa, era fresca e riposata, non sudata, non stanca, senza mal di piedi. Perchè? Perché non era importante il viaggio ma il suo risultato: l’acquisto delle uova. Sono immagini frustranti per chi vive nel mondo del “moto a luogo” vero.

Quindi ho deciso: voglio vivere in un telefilm perché voglio fare dello “stato in luogo” una scelta. E sono sicura che basterebbe per risolvere i problemi delle donne nel mondo. Sicuramente basterebbe a risolvere i miei.

giovedì 14 febbraio 2013

U.C.A.S. (Ufficio Complicazione Affari Semplici)

Stamattina ho portato la piccola al nido dove mi hanno regalato un momento di sana, cinica ilarità.
Hanno migliorato (dicono) le procedure antincendio sollecitati da una logica e inattaccabile osservazione di un’educatrice: la classe dei lattanti ha l’uscita sul giardino ma ci sono tre scalini…possiamo trovare una soluzione più comoda (in caso di fuga ovviamente)? Lei voleva semplificare, non aveva idea di cosa avrebbe generato la sua domanda.
Un bravo funzionario ha raccolto la sfida, è tornato alla sua scrivania dove…“mumble mumble”…ha avuto un’idea geniale (forse) che ha però un’applicazione molto comica: un’Arca.
Nell’atrio della scuola da oggi c’è un’Arca…a rotelle. Resta nell’atrio perché in classe sarebbe un moloch senza senso che porta via spazio ai bambini. In caso di incendio le educatrici della classe dei lattanti devono: andare nell’atrio (pur avendo l’accesso al giardino), prendere l’Arca, portarla in classe aprendo tutte e due le ante (perché ovviamente è più larga delle porte). Inserire nell’Arca 24 lattanti di cui un tot di 3 mesi (alcuni seduti nel centro, i "grandi" in piedi), riportare l’Arca nell’atrio e da lì uscire dalla porta principale che ha la rampa.
Non ho resistito durante la spiegazione - alla maniera di Ally Mc Beal - di immaginare un film parallelo tragicomico: l’incendio che incombe, l’ansia di mettere in salvo i bebè (molti erano nei dondolini o nei seggiolini da pranzo…già davanti alla porta del giardino sigh), la fretta di mettere tutti i bambini nell’Arca per cui i poveri fagottini vengono lanciati per fare in fretta (perché hanno già perso un sacco di tempo nelle manovre preparatorie). Le educatrici che fendono le fiamme come John McClane in Trappola di Cristallo e raggiungono la rampa esterna spingendo l’Arca che come un gommone spinto dalle onde del mare dondola pericolosamente pieno di bebè ormai accatastati sul fondo.
E mentre tragicamente ridevo immaginando la maestra C minuta ballerina funky spingere un barcone di micro profughi, mi sono trovata a pensare a tutti quelli che, raggiunto un livello che ritengono di potere, pretendono l’applicazione di regole bizzarre. A chi riesce a complicare anche l’evacuazione di una stanza che ha un’uscita diretta verso l’esterno. La povera educatrice responsabile dell’osservazione sui gradini era mortificata perché il suo pensiero è stato travisato con un esito decisamente complesso. Lei pensava a una rampetta per ovviare ai tre scalini dell’uscita e forse un carrello sì, ma proprio un carrello, non un’Arca gigante e vagante.
Spesso mi è capitato di trovarmi difronte a bizzarrie decisionali, poco funzionali e contorte. In un percorso per cui la linea retta più corta per arrivare da A a B è quella che passa da Q. Perché? A Milano ci sono strade che si stringono fino a diventare vicoli, marciapiedi che si allargano fino a diventare boulevard, un parcheggio in salita che sbuca in mezzo a una pista ciclabile, piste ciclabili che iniziano nel nulla e finiscono nel nulla. Rotonde così larghe che quasi non rimane più la strada, biglietti diversi per l’andata e il ritorno sulla stessa tratta della metro.
Fino a stamattina l’asilo nido era un’isola felice fatta di grandissime persone che lo gestivano con intelligenza e grandi intuizioni, cuore e preparazione, che hanno sempre nascosto dietro un sorriso processi forse complicati da capire per chi è fuori dal giro. Anche loro da oggi hanno il loro monumento alla bizzarria che purtroppo non possono nascondere.
Prego il cielo che quest’Arca non debba mai servire, ma sorrido molto nel pensare alla soddisfazione che il funzionario deve aver provato nel vederla arrivare tutta colorata di rosa e giallo, con le rotellone giganti, a forma di grande barca, proprio come l’aveva pensata.
Senza però vederla davvero per quello che è: ingombrante.

mercoledì 13 febbraio 2013

Sono solo canzonette...(e meno male) [aggiornato]

"Mamma, senti questa canzone:

A MIO FRATELLO REGALERANNO UNA MOTO, DA MOTOCROSS

SE NON FINISCE TUTTO INGESSATO,

IL CAMPIONATO LUI VINCERA' [...]


Il testo perfetto per San Remo.
Non se la ricordava tutta...e meno male, chissà che fine ha fatto il povero motociclista!!
Ai miei tempi cantavamo Heidi...un po' ingenua forse ma almeno non finiva tutta ingessata. Sigh!



PS La canzone è vera e ahimè è dei MIEI TEMPI. E' una canzone in gara allo Zecchino d'Oro del 1970, cantata da Fabio Orsini. Il testo rimane inquietante...40 anni dopo. E dimostra davvero che siamo una generazione di mamme over stressed. Qui di seguito alcuni passaggi:

A mio fratello
se sarà promosso
regaleranno
la moto da moto-cross.
Se non finisce tutto ingessato
il campionato lui vincerà!
Guanto e stivali
che felicità
casco ed occhiali
fa niente se cascherà
 

ma daiiiiiiiiiiiiiiiiiii povero fratello!!!!!!!!!

venerdì 8 febbraio 2013

Micro

Un anno fa a quest'ora ti stavo guardando e mi stavo domandando come avevi potuto stare tutta rannicchiata dentro la mia pancia.

Un anno fa a quest'ora stavamo dormendo abbracciate nel lettino dell'ospedale, cercando di fissare nella memoria il nostro odore per non dimenticarlo mai. Per riconoscerci per sempre.

Un anno fa oggi avevo finalmente soddisfatto la mia curiosità di vedere chi aveva deciso di abitare la mia pancia con tanta arroganza quando ero finalmente riuscita a voler aspettare. Chi era stato scelto dalla Casa dei bambini per venire ad abitare con noi. Chi era pronto ad accollarsi me, proprio me, come mamma. Durante quaranta interminabili settimane avevo accumulato una lista infinita di domande cui avevo finalmente dato una risposta. TU

Un anno fa oggi avevamo passato la nostra prima giornata insieme. Avevo paura a toccarti eri piccola, sembravi fragile. Un'amica mi ha detto che pesavi come il suo portatile e avevo riso molto. Per noi  sei rimasta "la piccola" e questo ci fa molta tenerezza.

...

Un anno dopo sei un terremoto, pesi sempre come un portatile o poco più e questo ti serve per muoverti leggera e veloce come una scheggia con qualsiasi mezzo utile: strisciando, gattonando, camminando spingendo sedie, mobiletti, qualsiasi oggetto semovente. Apri, svuoti (e scappi) tutto ciò che riesci ad aprire, anche cose che noi giudichiamo inaccessibili. Hai già imparato ad arrampicarti e ancora non cammini da sola. Ti arrabbi per un nonnulla, ti offendi se si alza la voce, sei prepotente quando giochi, ti stizzisci quando non ottieni quello che vorresti, strilli come un'aquila se non ti capiamo ma non ti sforzi di parlare. Ti siedi per terra, stringi i pugni, abbassi la testa e gridi un grido soffocato, sommesso e nervosissimo, arrabbiata come solo chi pensa la vita fatta di assoluti riesce ad essere.

Poi però…sorridi. Maliziosa, civettuola, complice, furba, monella, buffa, ridicola, altezzosa, un po' arrogante…un sorriso che sai modulare in tutti questi modi e che spalanchi al mondo. Ridi con la pancia quando il tuo contorto pensiero ha preso la direzione che avevi in mente tu e solo tu. Ti guardi attorno con quegli occhi turchesi che il cielo ti ha donato e sorridi. E sei disarmante. Il tuo sorriso ci toglie il fiato, mi toglie il fiato. Non mi stanco mai di guardarti ridere. Ricordati però che mi stanco in fretta di sentirti gridare.

Buon compleanno piccola, ben arrivata su questo pianeta, in questa bizzarra famiglia in cui mancavi solo tu. Ci piace un sacco stare insieme ma non abbiamo ancora ben capito come si fa. Viaggeremo insieme sbagliando ogni giorno, gridando tantissimo e ridendo altrettanto. Fin ora noi ci siamo divertiti, aspettavamo solo te per dare inizio alla festa, quella vera.

mercoledì 6 febbraio 2013

Working Taxi Mum

Il martedì è "mum-day". Ho negoziato con il mio capo un giorno a settimana da dedicare alla famiglia (maternità facoltativa), in cambio di un rapido rientro al lavoro full time dopo la nascita di Micro. Un giorno mamma-bimbi. Andiamo in piscina. Al mattino con la piccola e al pomeriggio con il grande. Due età, due corsi, stessa piscina, due viaggi, due sacche, due merende, una mamma.
E’ un modo per comporre l’alchimia giusta di tempo e tempo di qualità con i due pargoli separatamente, io e loro, uno alla volta. Lo faccio da quando Mini ha 3 mesi. Il corso di acqua baby mamma e bimbo. La cosa più romaticamente faticosa che abbia fatto nella vita. E adesso la ripeto con Micro.

Inserire Micro in piscina è stato un crescendo di complicato divertimento: tutti e due i bambini in acqua al mattino prima lei, poi lui (poi di corsa in ufficio puzzando di cloro, con gli occhi rossi e i capelli a forma di cappellino di lana). Io una non piacevolissima ora in ginocchio in una piscina alta 80cm con l'acqua a 33 gradi (acqua...vabbè, facciamo finta di credere che sia solo H2O, essendo abitata ogni mattina da una trentina di neonati notoriamente incontinenti). Ovviamente avevo arruolato anche la nonnabenedettadalcielo per un cambio bebè da rugby. Io lanciavo la neonata bollita alla nonnabenedettadalcielo mentre il navigato pesciolino si tuffava nell'acqua a bomba senza controllare che l'area di atterraggio fosse sgombra.
Ora siamo a un livello superiore del nostro percorso. Mini fa il corso dei grandi e va da solo, io faccio assistenza nello spogliatoio. Ma il "mum-day" è diventato full time. Il divertimento è raddoppiato e l’aiuto si è dileguato.
Si parte alle 9.30 in direzione piscina con Micro: spoglia, cambia, vesti…un’anguilla generalmente simpatica come un gatto bagnato. Ma la cosa più divertente è la promiscuità con le altre mamme. Più o meno 6 mamme con altrettanti bambini piagnucolanti che cercano di rivestirsi mantenendo il massimo della dignità, dato che il massimo del fisico se lo sono giocato circa una ventina di anni fa!
Si torna a casa alle 12:00 per un pranzo super rapido, il cambio della sacca e per deporre la piccola in una cesta fuori dalla porta di casa della nonnabenedettadalcielo che fa la vaga ma poi cede davanti al rubicondo musetto.
Si ri-parte alle 14:00 in direzione piscina con Mini. Lo prelevo a scuola e partiamo chiacchierando. E lo show ricomincia ma almeno mi evito la seconda bollitura e il secondo defilè di cellulite. Anche Mini non è esattamente un fulmine nel cambio e tutto avviene a seguito di una lunga ed estenuante negoziazione, ma arriviamo a bersaglio: arriva la maestra a prendere una fila di nanetti alti un metrino scarso e li porta in piscina. Io resto al balcone a guardare il mio topo che gioca, si diverte e…spero impari. Quando esce ha una fame da squalo e un sonno incoercibile e me lo devo caricare a spalla.
In tutto ciò so di essere una pivella, una principiante, una mamma-taxi alle prime armi. Ho amiche professioniste dell’incastro. Mamme che per amore di sport scambiano i figli ai parcheggi per incastrare orari e tragitti. Mamme che si ricostruiscono una vita in macchina: cibo, libri, telefoni, parole crociate, lavoro a maglia. Tennis, nuoto, flauto traverso, psicomotricità, pianoforte, danza, equitazione, basket e…catechismo + la festa di compleanno, il dentista, l’ortopedico, le ripetizioni di matematica! Questi gli impegni che sento attorno a me, tutti incastrati dalle 4 alle 7, 5 giorni alla settimana, moltiplicati per il numero dei figli. Una mamma macina più km di un rappresentante del folletto, non è retribuita (anzi, una volta a casa deve anche nutrire tutti questi forzati dello sport) e a fine giornata qualcuno ha il coraggio di chiedere: “già che eri in giro, sei passata in tintoria a ritirare i miei pantaloni?” SGRUNT.
Il tempo di qualità con la mamma è giusto per i bambini, ritagliare un momento dal lavoro per dedicarlo a loro è una scelta importante (il mio capo userebbe altri aggettivi). Lo sport fa bene ai bambini, è un sacrificio che una mamma fa volentieri - persino io che sono anti-sportiva per definizione. E’ per il loro futuro, per la loro formazione fisica, sociale, mentale, blablablabla. Atteso tutto questo, la working-taxi-mum (da declinarsi in tutte le sue possibili variazioni) è una fatica devastante per il corpo e per la mente perché tutte queste teorie meravigliosamente romantico genitoriali, pedagociche, bambino-centriche sono perfette, è vero, ma diciamoci la verità...per genitori under 30!

venerdì 1 febbraio 2013

Voce del verbo "chiacchierare"

In bagno, durante la routine pre-nanna (dentimanimuso) che sto cercando (inutilmente) di incollare nella mente di Mini.

"Mamma, non ho sonno stasera, non voglio andare a dormire.”
"Ma topo, sono le 9 è ora di andare a letto, domani c'è scuola. Se vuoi puoi leggere un libro nel tuo lettino.”
"Mamma, no dai. Sediamoci qui per terra e restiamo svegli a chiacchierare tutta la notte.”

Parlare? Tutta la notte? Non ci posso credere! Tu sei un maschio, non sei capace di chiacchierare. Io però sono una femmina e aspettavo di sentire questa frase da tutta la vita. Sì perchè le femmine hanno due aspettative verbali dai loro maschi: "chiacchierare (tutta la notte poi)" e "mi vuoi sposare”. Nel confronto, la seconda è quasi ininfluente. "Sì - volevo rispondergli - certo che stiamo a parlare tutta la notte, ho una vita di arretrati di chiacchiere da fare con tuo padre...che gioia, che felicità, che emozione, che goduria." Mi sono limitata a un più serio:
 "Va bene topo, sediamoci e parliamo."
"La Mercedes è più forte dell'Audi ma la macchina dell'uomo ragno, che è potente perchè ha 16 cilindri, non so se è forte come la Mercedes." […]

BANG! La tristezza è calata sul pavimento del bagno di casa mia, il mio cuore impazzito di gioia è tornato alla normale bradicardia serale. Ho visto la verità, ho capito: un maschio anche a 3 anni non sa declinare il verbo "chiacchierare" come farebbe una femmina della stessa età. Per lui vuol dire lo stesso minimo, risicato, noioso blabla che farà da grande con le sue fidanzate, lo stesso che suo padre fa con me da anni: 10 parole in croce su motori e cilindri.
Suo padre è anche più subdolo. "Maxi chiacchieri con me?", "Sì, dimmi…tu parla che io ti ascolto". Che tradotto vuol dire: io continuo a guardare il telegiornale con il sottofondo della tua voce, non ho idea di cosa dici ma tu sei contenta e io mi rilasso, basta che non mi chiedi di partecipare o di avere un'opinione. Deprimente.
Ho accompagnato Mini a letto dove l'ho abbandonato ai suoi pensieri profondi e me ne sono andata a fare una cosa da femmine: telefonare a un'amica per chiacchierare, cioè per raccontare storie, storielle, notizie, pettegolezzi, consigli, opinioni. 40 minuti di puro godimento.

L'altra sera ho definitivamente perso le speranze anche di rieducare il padre dei miei figli perchè ho capito che maschi e femmine nascono con un patrimonio genetico definito, anche di chiacchiere.