martedì 17 ottobre 2023

Io amo.. i vocali lunghi ! Ecco, l'ho detto

Io amo i vocali lunghi. Amo i vocali lunghi come amavo le lettere lunghissime che scrivevo e ricevevo quando il mondo era diverso ed esisteva ancora l’inchiostro. Quella lettera che aspettavo con il cuore in gola. La lettera della compagna di classe che si era trasferita per “colpa” dei genitori, del fidanzatino dell’estate, del “pen-friend” che ti appioppava la prof e che invece si rivelava un amico pazzesco dall’altra parte del mondo. Amo i vocali lunghi come le pagine della smemo che l’amica scriveva per raccontarti un segreto che doveva restare solo lì dentro, tra voi due.

Oggi non si scrive più, il mondo è cambiato, adesso sei tu quella che si trasferisce, la vita è cambiata, sono arrivati mariti, figli, cani, gatti, lavori, viaggi, vacanze, palestre e tutti gli altri impegni che ci fanno correre e brontolare ma di cui abbiamo le agende piene e sempre meno tempo. (n.d.r. i nostri genitori facevano le stesse cose e anche di più ma correvano meno... è un'equazione che non risolverò mai)

Oggi non si scrive più, non si telefona più per chiacchierare, come quando ti sedevi sul divano - o per terra dietro il divano per non farti sentire. Oggi non si scrive più, non si telefona più, ci si messaggia e anche in fretta. Negli anni '90 i primi messaggi erano di 180 caratteri e costavano una fucilata. Avevamo imparato a scrivere senza le vocali per farci stare un pensiero complicato, per non telefonare ma dire quella cosa lì. Oggi ci hanno dato 180 mila caratteri ma ne rivorremo 180... nell'altalena perfetta dell'umanità imperfetta e mai contenta che non parla, mugugna.

Io quando vedo la notifica di un lunghissimo vocale sono felice. Mi ha pensato. Ha pensato a me e ha una storia per me. Per me. La voce – strumento di comunicazione calda come nessun altro – che parla a me, che mi racconta e mi trasporta nel suo mondo è meglio di qualsiasi radio, podcast o diavoleria moderna. Perchè devo "assolutamente" ascoltare quel podcast che mi racconta della scoperta di un nuovo pianeta in un'orbita lontana, registrato da quel famoso attore? Perchè? Io voglio ascoltare la voce della mia amica che nello stesso tempo del podcast mi aggiorna sulla sua vita, che sto perdendo di vista perchè non ho più tempo, perchè sto correndo da qualche parte, io, e anche lei.

Il suo messaggio lo posso ascoltare quando voglio tutto insieme o a pezzi. Mi metto l’auricolare e improvvisamente BAAM sono lì con chi mi sta raccontando e posso ascoltare e riascoltare e rispondere anche due giorni dopo, raccogliere le idee, riflettere prima di rispondere, trovare il tempo e dedicarlo alla risposta. E riascoltare riascoltare riascoltar la sua voce. Oppure ridere oppure piangere oppure prendere nota. Per mandare un vocale lungo qualcuno ha speso del tempo suo e ha rispettato il tempo mio. Per ascoltarlo dedico del tempo quando ce l'ho, quando è il giusto momento, magari domani, quando sono sola, quando ho voglia di compagnia, di una storia, di un’amica. Se mi avesse chiamato avrei dovuto fermarmi, ascoltare oppure rifiutare la chiamata, richiamare, rimandare, rispondere male, frettolosa o distratta, perdere il “momento”, lasciar cadere. E invece no…

Io sono ostaggio dei vocali di 30 secondi perché se è così corto e non è un messaggio scritto … allora è un’emergenza… mi metto gli auricolari, alzo il volume, mi tappo l’orecchio per sentire: “perfetto, confermo, ci vediamo alle 3!” ... CHIAMAMIIIIII MALEDEZIONE… SCRIVILOOOOO…. Cosa ti costava scriverlo che lo potevo leggere comodamente … no, hai fatto una scelta e io... ti risponderò "ok" ma in mezzo a un audio di 20 minuti di cui 19,5 di sospiri.

Il vocale lungo è un racconto...è un messaggio del cuore ma non pensavo fosse necessario declinarlo: la collega non manda un vocale di 10 minuti per parlare del nuovo progetto; il capo non manda un vocale di 10 minuti per impostare un contratto. Il vocale lungo si ascolta a rate - A VELOCITA’ NORMALE… aborro la velocità warp… quella voce metallica che ronza nelle orecchie in falsetto. Perché? Perché corriamo sempre. BASTA!

Correre è diventata una droga, corrono le dita sulla tastiera, corre la voce del vocale a velocità 3.8, corrono le immagini in tv con il +10 secondi, corre la canzone con il +10 corre tutto, corre la lettura, corre la parola, corrono le gambe, corrono gli occhi, si perdonano anche i refusi in nome della velocità del messaggio, si perdonano persino i ragazzini che si mangiano le parole. BASTA!!!

Ce la possiamo fare, ci possiamo ancora dedicare 10 minuti negli auricolari e sai perché? Perché se non mi vuoi ascoltare – a rate - mentre stendi, guidi, sei in metropolitana, rifai il letto, fai la spesa, allora non mi potevi nemmeno parlare. Perchè mi sorge una domanda: no vocali sopra i 30 secondi, messaggi oltre una riga, mail oltre le 2, film sopra i 90 minuti, serie sopra le 5 puntate, libri sopra le 30 pagine, ….Ma proprio oggi che la vita media è salita a 90 anni? Come li riempiamo questi 90 anni?

Correre quando sei in autostrada può avere senso (può... non insultiamo le reciproche intelligente scindendo l'atomo di questa frase) ma altrettanto sento ha la strada di campagna lenta e panoramica con le curve le salite e le discese. Io sono controcorrente e siccome dei miei 90 anni (sperem) ne ho già usati la metà mi piace correre e camminare, mi piacciono le serie infinite e i corti, il reel e il blog - magari non perfetto, come questo, scritto di pancia, di getto, come se fosse un vocale di 10 minuti che ho mandato per chi conosce i miei lunghi messaggi vocali pieni di storie, di risate, di lacrime, di rabbia, di mugugni e ... di vita camminata insieme.

giovedì 2 febbraio 2023

Avevo un PIN che era segreto

C’è una cosa dell’essere genitore che mi urta particolarmente – chi mi conosce sa che a me urta tutto e sempre, quindi tecnicamente non è una notizia ma solo una storia. Mi urta la privazione forzosa della proprietà privata!

A casa Maxi la proprietà privata è sacra. Era sacra. Sarebbe sacra. Mi piacerebbe fosse ancora sacra.

Mini e Micro come due piccoli ninja hanno dato l’assalto senza se e senza MA a tutte le cose visibili e invisibili (cit.) contenute all’interno del perimetro della casa; come due blob in continua espansione hanno affondato la loro gommosa consistenza in ogni millimetro dell’appartamento.

Avevo una casa, adesso è un deposito di UFO (nel senso che gli oggetti volano proprio da un posto all’altro, senza senso); avevo un divano, adesso è sempre occupato da cose, persone e briciole; avevo un mobiletto del bagno, adesso una mensola in condivisione con Maxi; avevo un cassetto, delle collanine di perline, una scatola di trucchi, un cellulare. Un cellulare che era mio e solo mio, con un codice che doveva essere segreto. Non contiene veri segreti ma è il mio "caro diario" in versione 2.0.

Il pin me lo hanno estorto brandendo un cucchiaio pieno di sugo sopra il tappeto mentre ero in bilico su una scala. Quello di Maxi lo hanno ricostruito calcolando i movimenti delle dita. Navigano, leggono, governano chiamate, giocano. Le discutibili vignette che arrivano a pioggia le vedono loro prima di noi!

Micro vive ancora nell’ultimo miglio della vita in cui la “rete” dovrebbe essere inaccessibile perché è il Male, ma ha un fratello più grande che ovviamente è il suo pass per lo sfondamento di ogni regola! La rete intanto, di fatto è inaccessibile…A NOI! Hai voglia a mettere barriere, limiti, restrizioni, prima di tutto è un lavoro full time e poi finisce che gli unici con le restrizioni siamo io e Maxi!

Da quando poi anche lo studio è diventato digitale hanno la scusa sempre pronta per farsi sbloccare ogni blocco: “devo studiare”! Maledetti, non è vero. Il video sull’Abruzzo durava 3 minuti, perché da mezz’ora guardi video con la ricetta dello slime?

In casa poi sono dappertutto, tanto che io mi domando spesso quanti sono! In teoria sono due ma sembrano 22: lui deve chiedere un’autorizzazione – cioè comunica che farà qualcosa (il contraddittorio è ininfluente); lei vuole sapere se può cenare a testa in giù, se può guardare 12 ore di tv, se possono comprare qualsiasi cosa su qualsiasi portale grazie al valido aiuto di quel genio dell’algoritmo!

Persino la lista sulle piattaforme video è stata sostituita dalla LORO: “dai raga (raga..a chi?) guardiamo un film tutti insieme sul divano, siamo una famiglia” (la leva della "famiglia sul divano" è tanto vile quanto efficace!)

Lavorano per distrazione. Sono abilissimi. Emettono una raffica di parole brevi, concitate e senza senso per confondere l’avversario (che non è interlocutore da tempo), fanno perdere il filo. E lo fanno quando siamo separati quindi più fragili e possibilmente avendo in mano senza criterio qualcosa di nostro, generando onde di ansia esponenziale. Sono strateghi naturali: aspettano la video riunione fiume e la loro forza è direttamente proporzionale alla delicatezza/lunghezza della stessa. Arrendersi per sopravvivere è un attimo.

Ma il bug esiste: il loro ritmo circadiano è ancora bilanciato e questo crea una falla nel loro perverso piano di invasione. La notte è libertà: scrivere, leggere, pensare, persino…parlare e sa ancora di buono per sprecarla dormendo.

Ma già lo so cosa pensa chi legge…”vedrai quando non dormirai perché escono” e pazienza tanto alla fine tra pannolini prima, febbre dopo, libertà adesso, discoteca poi… dormiremo domani!

Nota a discarico: Mini è nel limbo tra genitori eroi e genitori dementi ergo so che a breve il concetto di privacy si dovrà aggiornare)

martedì 22 marzo 2022

Ciao, mi chiamo Veronilla e uso ancora il vocabolario di carta!

Ho provato a smettere tante volte in nome di qualche app ma poi quel volume gigante, i fogli di carta sottili, lo STOPMF che fa quando lo metti sul tavolo, cercare una parola, finire sulla pagina sbagliata e perdersi, sfogliarlo dall’angolo in alto a destra ripetendo a mente l’alfabeto: a, b, poi ancora a, b, la prima lettera, la seconda...e dimenticarsi sempre dove sta la J… non resisto!

Leggo anche parole a caso poi anche…sì, sì, sì, tutti i significati e gli usi anche se non mi servono e poi… i sinonimi. Sììììì anche i sinonimi! Centinaia di migliaia di parole di cui usiamo e conosciamo solo poche migliaia (quando dice bene).

L’insana decisione di riprodurmi ha compreso l’ancora più insana idea di tramandare l’uso della lingua italiana! Oggi so che era un progetto arduo, nulla può contro Sua Maestà lo schermo.

Ho farcito gli eredi di buon cibo e buon italiano. Ho tappezzato le pareti di coniglietti – cosciente che dagli orsetti ai “Cure” il passo sarebbe stato breve e che l’umidificatore a forma di pinguino era effimero e temporaneo.

Ho messo in tavola cibi biologici coltivati con amore, proposti secondo le migliori teorie dell’alimentazione moderna, con l’amorevole disciplina del Dottor Amal, la dolce fermezza di tata Lucia.

Oggi Mini e Micro mangiano pasta in bianco, hot dog, hamburger e piadine, ascoltano rumori che chiamano musica, mi spiegano come usare il cellulare e credono fermamente che il mio animale domestico sia stato un dinosauro!

E l’italiano? Stessa parabola: ho trasmesso loro tutta l’imponente ricchezza della lingua italiana, la maestosità delle parole in altre lingue, gli ho raccontato la vita delle parole: i miei nonni usavano termini che non si usano più ma è bello saperli. E poi lo slang, la contaminazione di parole diverse. Parole, quel complesso di suoni che trasmettono immagini immaginifiche.

Oggi Mini e Micro parlano correntemente ma che lingua parlino ancora non è dato saperlo. Emettono suoni non sempre intellegibili di una lingua sincopata a metà tra il rap, l’esperanto e qualche idioma sconosciuto che temo sia lingua klingon. I singoli suoni sono incomprensibili per sé in più la velocità dell'eloquio è inversamente proporzionale alla loro lunghezza. Per avere con loro un dialogo sensato servirebbe un sistema di rallentamento della velocità di riproduzione.

“ggi am plstra” = “oggi a scuola siamo stati in palestra”

“aoa” = “allora”

“seee teeee ma oooodssshh” = “le tagliatelle mi piacciono ma preferirei un hot dog”

“ooook a mpiti eeee” = “mi fa piacere andare al mare questo weekend, però ho tanti compiti”

La velocità è figlia di questo tempo – banale! Anche io vivo a 300 all’ora per altro sono di Milano e la velocità è nel codice fiscale. Tutto è subito, adesso, non importa, vai, veloce, dai su, vabbè. Anche troppo forse. Però giuro che si può vivere velocemente e parlare velocemente pur articolando tutte le lettere di una parola. Mini e Micro invece parlano “a imbuto”. Pensano una frase e mentre la pronunciano stanno già pensando alle 5 successive. Il risultato è un rap inquietante: coso, cosa, tipo, uè, mà, cat, fed, oh, oohh, eeehhh, maaaa. Quest’ultimo è il più gettonato: il significato cambia a seconda del numero di “a”, della lunghezza di ciascuna e del timbro con cui viene pronunciata: da "ma=grazie" a “maa=sìì ho sentito”, “maaa=sììììì metto in ordine”, “mmm = buonanotte”, “MMM = buongiorno”...

Ecco perché sono qui, per trovare la forza chiudere il mio adorato vocabolarione, metterlo sul comodino, guardarlo, toccarlo e invece di dire “buonanotte ragazzi, sogni d’oro, a domani” provare la vertigine di un “nott-ao, mani” sperando di saper zippare dentro poche lettere concetti infiniti.

venerdì 24 aprile 2020

Convivenza e isolamento - Parte 2


per chi se la fosse persa, qui la puntata precedente


Comunque...il tarlo, la nota stonata, il gesso sulla lavagna non è la privazione della libertà ma la privazione della proprietà!

Da queste parti la proprietà privata è sacra. Era sacra. Sarebbe sacra. Mi piacerebbe fosse ancora sacra. Lo so, sono una brutta persona

chiedo il permesso della corte di difendermi:

Un tempo avevo un cellulare mio e solo mio, il cui codice era mio e lo conoscevo solo io (nemmeno Maxi). Era la mia “stanza privata”, la mia vita, le mie amiche, il mio lavoro, i miei ricordi, i miei pensieri e sia annotato che il punto non è che non posso condividerli ma che NON VOGLIO. Non volevo. Non vorrei.

Avevo un pc che tecnicamente non è nemmeno mio, avevo luoghi in casa, oggetti, momenti miei. Poi la notte più nera della storia moderna mi ha chiuso in casa con altri 3 cristiani che prima vedevo solo qualche ora al giorno e invece da settimane siamo tutti insieme appassionatamente 24 ore al giorno. Io e Maxi preoccupati e destabilizzati abbiamo perso i primi pochi secondi dello sbarco al lockdown e ci hanno accerchiati e sconfitti. Mini e Micro invece non hanno battuto ciglio. Si sono velocemente espansi come due piccoli blob, hanno preso possesso di tutte le cose visibili e invisibili (cit.) in cui credevo. Due piccoli Rambo mimetizzati con il divano, con una fascia in testa e la faccia nerofumo, hanno dato l’assalto senza se e senza MA a tutto ciò che ci appartiene e che gli era proibito. Si muovono senza fare rumore, come tartarughe ninja, appaiono e scompaiono e hanno sempre qualcosa in mano.

Il cellulare si è difeso per qualche giorno, ha resistito poi ha dovuto esporre il suo contenuto a quei piccoli occhi curiosi, quelle piccole mani indelicate. Hanno il mio PIN! Me lo hanno estorto agitando un cucchiaio pieno di nutella sopra il tappeto mentre ero in bilico su una scala con un pensante scatolone in mano. Maxi, che è siciliano e omertoso per definizione, capace di nascondere segreti di stato senza battere ciglio ha perso la sua personale battaglia, la sua privacy è stata scoperchiata in una manciata di giorni, il suo PIN ricostruito calcolando i movimenti delle dita spiate nei momenti più delicati delle nostre giornate incollati uno all'altro. Accendono, scorrono, leggono messaggi, governano chiamate, giocano a carte con gli amici, prenotano acquisti. 

Avevamo account Whatsapp separati e riservati che ora sono trasmessi in mondovisione sugli schermi dei pc per semplificare la gestione scolastica così che le discutibili vignette o informazioni che arrivano a pioggia in questi giorni fanno ridere o piangere prima loro!

Mini e Micro vivono (o vivevano) in quell'ultimo miglio della vita in cui la “rete” deve (doveva) essere inaccessibile perché è il Male, il cellulare il Male, internet il Male.
Oggi la rete è inaccessibile a noi!

Pigiano, cliccano, leggono tutto ciò che passa anche sui pc che - ribadisco - tecnicamente non sono nemmeno nostri e noi li gestiamo con i guanti bianchi e gratitudine quotidiana ma “c’è la piattaforma, dobbiamo studiare, c'è la video, c'è il modulo” – maledetti, non è vero. Il video dell’Abruzzo durava 3 minuti, nella cronologia c'è la ricetta per lo slime!  La loro capacità negoziale è irritante.

E io che avevo protetto le spalle della sedia da incursioni video…pivella!

In questa lunga domenica in casa tutti sono dappertutto (tranne davanti alla lavatrice quando finisce). Ho provato a chiudermi nello sgabuzzino ma ci ho trovato Maxi che con sguardo assassino ha richiuso la porta. Al buio!

Abbiamo perso anche il tempo privato, quello che - dato non sono più piccini - pensavamo di aver recuperato. Errore…lui deve chiedere il permesso di fare qualcosa (trad. comunica che la farà, si dichiara aperto al no ma non è il momento per discutere…EVIDENTEMENTE); lei vuole sapere se può cenare a testa in giù, se può guardare 12 ore di tv, se possono chiamare, videochiamare, zoomare, organizzare video party, video pranzi!

Persino la lista di film e serie tv è stata sostituita dalla LORO: “dai raga (a chi?) siamo tutti insieme, guardiamo insieme un film, tutti insieme sul divano, siamo una famiglia” (usare la leva della "famiglia sul divano" è un colpo bassissimo...negoziatori maledetti!)

Lavorano per distrazione, abilissimi oratori pronunciano una raffica di parole brevi e concitate e confondono l’avversario: parlano parlano parlano parlano e fanno perdere il filo, rigorosamente quando siamo separati e impegnati e fragili, impugnando senza criterio qualcosa di nostro, creando un semplice effetto ansia (o crimine). Adorano il momento della riunione-video fiume con il capo che chiede conto e ragione di qualcosa, per cui il tempo di reazione è inesistente, non ci sono sinapsi a disposizione ed è lì che tutto è perduto.

siamo come Toro Seduto sconfitto davanti ai cowboy invasori.

Però

Io rimango vigile, sono addestrata alla resistenza e ho trovato una falla nel loro perverso piano di invasione: la notte. Quando scrivo è la 1.40 del mattino…da sola con il mio pic, il mio telefono, la mia musica, i miei auricolari. Scrivo, leggo, penso, lavoro.

Sì ho sonno ma il sapore della libertà (anche in isolamento) è troppo dolce per rinunciare dormendo.

giovedì 23 aprile 2020

Isolamento e convivenza - Parte 1


Siamo all’alba di un nuovo millennio, “questo è il giorno che verrà” come canta il mio amato Gringoire. Oggi più che mai ha senso domandarsi se “mille e non più mille” ma su questo è già stato detto tutto così come di casa, famiglia, convivenza, ricrescita, scuola. In queste settimane che somigliano molto alle “mie prigioni” ho fatto la medusa: mi sono lasciata trasportare dal contagio emotivo che ha impregnato qualsiasi attività casalinga:

Ho provato a fare il pane e alla terza produzione di masselli autobloccanti ho chiamato una panetteria e mi sono fatta consegnare dell’ottimo pane fresco, lievitato e cotto più che perfettamente. Io e il lievito non siamo amici, ci abbiamo provato…è andata così. E alla fine gniente qui lievito solo io perché non si fa altro che mangiare, parlare di mangiare e tacere. E tacere fa lievitare più dei carboidrati.

Ho acceso e spento il Bimby in modo convulso. Poi lui mi ha detto: “tesoro, restiamo reciproca eccezione come al solito e ci ameremo per sempre.” Saggio. L'ho spento e ho cambiato mira.

Ho modificato armadi e cassetti a giorni alterni con alterni risultati: comodo ma non bello, bello ma non comodo, carino, instagrammabile, molto hashtag konmarimethod, ho fatto foto a raffica per poi decretare che sarà figo ma il Giappone è lontano e che lo ziaGina method è numero 1. Aveva 8 figli e 3 armadi in un bilocale. Insegnava i fondamentali: non bello ma funzionale.

Quanto a sport ho consolidato la mia nota granitica renitenza al movimento aerobico. Mentre faccio il letto penso a Jane Fonda e tanto mi basta.

Poi ah certo i video aperitivi…la verità? passo il tempo a guardare me stessa nella telecamera cercando l’inquadratura migliore per sembrare magra, giovane, liscia e senza ricrescita oppure guardo dietro a chiunque: il divano starebbe meglio girato al contrario, chissà chi sono quei due nella foto sullo scaffale…e perdo pezzi. Che poi non è che ho più tanto da dire.

Poi vabbè…il video lavoro: “ci siete? dove siete? quanti siete?” Nelle lezioni dei bambini è tutto un “accendete il microfono a casa di Ginetta, spegnete la telecamera in casa di Tonino”. A metà tra la dogana che intrappola Massimo Troisi nel 1400 (“quasi ‘500” cit.) e le nomination del Grande Fratello. Le nostre sessioni video invece sono un caleidoscopio di incroci: il capo, il capo e una collega, il capo e due colleghi…in svariate declinazioni in cui il capo è pivot ma poi la parte più interessante è parlare del capo senza il capo. Già perché arriva per primo e per primo se ne va! Ore e ore incollati al pc con la telecamera sempre accesa saldamente e strategicamente puntata verso una libreria che sembra (ma non è) pulita, ordinata e dignitosa. Nessuno al mondo dovrà mai vedere l’Apocalisse dietro la lucina verde! L’inquadratura è stata congelata tipo telegiornale, la sedia ancorata alla libreria per evitare l’effetto intruso alle spalle e la famiglia minacciata delle peggiori ritorsioni alla più piccola modifica. Chiunque si sieda “alla postazione video” vende un’immagine editoriale patinata della nostra quarantena, lasciando il resto alla fantasia di chi guarda: lo stendino che ormai è parte dell’arredamento, il tavolo da pranzo trasformato in tavola da lavoro coperto dai 243 milioni di accessori necessari a ciascuno di noi per non muoversi per ore: cancelleria varia, tazze, bicchieri, temperini, strati geologici di qualsiasi cosa.

CHE NESSUNO VEDRÀ MAI!

La versione ufficiale è che va tutto bene, trucco e parrucco in caso di video, casa in ordine, orari rispettati. La versione ufficiosa è che il trucco e parrucco è lo stesso da tre giorni perchè non mi strucco neanche, che sotto la scrivania sono in pigiama e calzettoni, che la casa è in uno stato pietoso, che pranzo alle 4 e ceno se ceno e che la prima cosa che farò quando si tornerà alla normalità sarà dare l'aumento alla signora che mi aiuta in casa. Penso a lei con la stessa struggente malinconia con cui penso al mio ex di cui non ho più notizie.



[to be continued…]

domenica 15 marzo 2020

"Chissene"


Oggi Veronilla ha voglia di parlare, di raccontare una storia. Una storia arrabbiata però.

Le ultime settimane sono state piene di parole: notizie, istruzioni, dolore, ironia, sarcasmo, energia, consigli: metti in ordine, cucina, truccati, vèstiti, svestiti, cucina, apparecchia, sparecchia. Overdose. Io ho cercato spesso il silenzio per non perdere il mio centro. Però però, come dice Cyrano: “al fin della licenza io tocco” e oggi, finita la “licenza”, io racconto una storia.

La storia di una piccola comunità, un fortino chiuso, una testuggine per definizione (come altri mille mila). La storia di un’isola piccina picciò in cui, sulla guida del telefono, ci sono al massimo 3 cognomi. Un’isola che in estate la amano tutti e in inverno non se la fila nessuno; in estate tutti a guardare il tramonto con le infradito sulle rocce facendo selfie improbabili, in inverno quando il mare ulula e taglia i collegamenti…boh, vabbè dai “chissene”, Milan l’è un gran Milan.

In estate abitata dal sciur Brambilla, con la patente nautica delle patatine, e in inverno da donne, bambini e anziani che senza selfie improbabili tengono viva l’isola alla faccia delle difficoltà. Aspettano i naviganti e tacciono. E’ così da secoli. Qui se non fai il nautico, te ne devi andare e in ogni caso anche dopo, te ne devi andare o in mare o a cercare fortuna. Se resti parti, se parti parti. Anche tornare è un viaggio. Il “girodirolex” è sufficiente per fare il giro dell’sola; per arrivarci di giri di rolex ce ne vogliono almeno 12. Gli abitanti dell’isola se ne stanno là, ancorati alla loro roccia, senza dare fastidio a nessuno…è gente di mare, dura e pura, forgiata dal mare e dall'inaccessibilità. Se ti va bene resti, altrimenti te ne vai. Punto.

La storia, la storia, ecco la storia: oggi è morto il Comandante Giacomo. Ma questa non è la storia, càpita ed era già previsto; no, niente virus, solo la dura legge della vita. Oggi i figli non possono andare dalla mamma. Ma anche questa non è la storia. Lo sapevano già per due ordini di motivi: primo perché quando parti dall'isola lo sai, sai che potresti non esserci in questi casi. Lo sai e basta, parti consapevole. Non è facile ma è un dato. L’isola è partenza. Chi lascia l’isola, chi parte per mare sa che può succedere di tutto. Partenza, Assenza, Lontananza sono le sorelle, le mogli, le figlie dei marinai. La vita dell’isola è così. Oggi poi i figli non possono tornare perché oggi è così per tutti, nessuno può andare da nessuna parte e loro – che potrebbero chiedere la deroga non lo fanno. Perché? Per rispetto, disciplina, obbedienza. Nessuno si deve muovere. Nessuno. Nessuno? Ma nessuno nessuno o nessuno tranne “me”? Vabbè dai..”chissene”, io parto. Quarantena…vacanza…stà a guardar er capello!

Ed ecco la storia: quell'isola fino a qualche giorno fa era una piccola Ellis Island, circa 5 mila persone in naturale e sicura quarantena; un unico grande nucleo famigliare che poteva continuare a condurre una vita più serena della nostra di cittadini promiscui.

Ed ecco la storia: il comandante è tornato a navigare, è partito come ha sempre fatto. Ha salutato sua moglie sul molo ed è partito. E lei è rimasta…più sola che mai. Perché? Perché sull'isola è arrivato un piccolo esercito longobardo portando alta la bandiera del “chissene”. In 3 mila (circa il 50% della popolazione censita!) hanno pensato che fare la quarantena a casa a Milano è da sfigati e che farsi 12 ore di viaggio per arrampicarsi su una roccia in inverno – senza ospedale e con il rischio di essere isolati dalla città, era più sicuro. Eh sì perché “sticazzi” (oggi Veronilla può dire tutto) già che non lavoro me ne vado sull'isoletta che tra un’amuchina e l’altra prendo il sole. Com'era il motto: l’Italia agli italiani, facciamo turismo in Italia. Ma quando? In piena emergenza ovviamente. E dove? In una comunità piccola, fragile, isolata e senza strutture. E’ un posto così carino. Tanto poi il virus lo prendono gli altri. Per altro una comunità che in inverno è formata per lo più da anziani è il posto migliore dove andare a portare un virus che mina prevalentemente gli anziani. Ma forse lo hanno fatto con il preciso intento di conquistare l’isola. “Uè Gina, in valigia hai messo un po’ di Coronavirus? Che magari laggiù gli isolani non ce l’hanno” “Sì sì Gino, tranquillo…non mi lavo le mani da due giorni, così quando andiamo giù che c’è la Rosa che non la vedo dall’estate me la abbraccio tutta!”

E così adesso “Ellis Iland” ha la stessa popolazione di Agosto, senza avere la capacità ricettiva di Agosto perchè adesso l’isola è chiusa. Vabbè ma dai ma “chissene”, spiaggia e piazzetta e via. Qui è diverso, mica fanno i controlli!

La morale della storia è che questi 3000 intrusi oggi dovrebbero andare in chiesa a salutare il Comandante in nome e per conto dei figli e dei 4998 parenti che non possono uscire di casa perchè la loro quarantena naturale è finita. Perché se “chissene” deve essere che lo sia davvero. I residenti dovrebbero chiudersi in casa - nel rispetto del DPCM del Presidente Conte e loro - piaga nella piaga, dovrebbero fare la spesa, portare i pasti, pulire le strade, fare della quarantena un momento catartico di servizio civile. Perché bisogna imparare ad avere rispetto per le regole e per la paura, come ha sempre fatto il Comandante Giacomo che oggi è partito dal suo molo da solo come sempre e lo ha fatto mettendo in valigia rispetto e paura come sempre. Non per la morte ma per il viaggio, per il mare. Perché è solo la paura che tiene vigili e noi oggi – nonostante tutto – non abbiamo ancora imparato cosa è la paura.

Forse prima di lanciare gli hashtag fighi pieni di nazionalismo patinato bisognerebbe imparare a scrivere “obbedienza”.

Buon viaggio Capitano. Su questa nave ci sono troppi comandanti e pochi marinai. Speriamo di non colare a picco.

mercoledì 13 novembre 2019

Nomen omen (o anche no)

Quando si è trattato di dare i nomi al contenuto delle due pance io e Maxi non abbiamo avuto dubbi. Siamo due appassionati di storia e i nomi li abbiamo scelti tra i personaggi le cui vite ci hanno appassionato.


Mini porta il nome di un grande condottiero del Nord, uno stratega, un combattente, “il Re Sergente", severo, militare, un leader naturale! ….In realtà somiglia molto di più a Quinto Fabio Massimo, "il Temporeggiatore" :
  • è di una lentezza esasperante: tra il dire e il fare ci sono varie altre priorità
  • è più intellettuale che fisico, cerebrale, contorto e complicato: un politico naturale, la dialettica è il suo pane vero: la ragione che porta alla verità: LA SUA però
  • è un oratore sopraffino, un negoziatore: dato un assunto di partenza (qualsiasi), conduce il suo interlocutore al suo esatto contrario senza lasciargli via di scampo
  • è affettuoso ed empatico – freddo e razionale!
  • è prudente, attento, pasticcione, distratto, pigrissimo, intellettualmente sfidante, rispettoso e scientemente anarchico. E' difficile essere autorevoli con lui, difficilissimo essere autoritari, ha sempre in canna un'argomentazione o una risposta: "cosa intendi, precisamente? ti devo far notare, ti devo chiedere, devo finire, fare, giocare, andare, guardare, non voglio, non volevo, pensavo…bla bla bla"
  • è capace di analisi e di collegamenti a cui non riusciremmo a pensare. Io e Maxi abbiamo svariate sinapsi e titoli da esibire e spesso rimaniamo senza argomenti: "non sono io che sono distratto, sei tu che hai fatto due richieste ravvicinate uguali e contrarie"; "lo so come si dice in inglese, ho scelto io di dirlo come voglio perché io non sono inglese"


Ha un cervello che viaggia a tremila all'ora e un fisico che lo segue con calma. Conduce tavoli negoziali, affascina le folle ma dal divano. Da grande vuole fare l’ingegnere ma 2+2 fa 22 – però la spiegazione con cui lo dimostra è inattaccabile.

Volergli bene è un'altalena isterica di amore assoluto e assoluta nevrosi. Gli allenatori abdicheranno e le maestre cambieranno mestiere ma noi lo troviamo simpatico. Ogni tanto.

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Micro porta il nome di un’Imperatrice potente e di una Regina caparbia. Lei è coerente con il suo nome importante anche se in verità le starebbe tanto meglio Attila. E' veloce come una scheggia, devastante come un uragano (ecco a chi somiglia veramente al suo omonimo uragano, uno per altro che ha fatto davvero casino!). Al suo passaggio lascia una scia di devastazione e caos. 
  • è un'esperta in logistica: sposta oggetti, raccoglie cose di ogni genere, dimensione e peso in ogni luogo. Accumula, sparge, recupera, movimenta, modifica, ritaglia, incolla (tutto contemporaneamente)
  • ha un tempo di comporto minimo nell'alternanza delle emozioni (noi sì però), passa dal riso al pianto senza passare dal via!
  • non ha tempo per il dolore, piange per nervi, frustrazione o per onore
  • è permalosa e caparbia, determinata e prepotente. Dispone e organizza cose e persone puntando un indice microscopico ovunque e urlando sguaiatamente. Ha le dimensioni di un chiuaua e la forza di un molosso
  • le sue regole sono rigorosamente non negoziabili. Somigliano alle nostre ma solo rivedute e corrette diventano applicabili!
  • pretende risposte – hic et nunc altrimenti prende lei in mano le redini di un contraddittorio e lo gestisce imperativa e risolutiva
  • è caparbia e competitiva: si allena fino allo sfinimento “sulle cose che non sa perché quelle che sa, le sa”. Da grande vuole fare le Olimpiadi o la veterinaria o la cantante (è stonata come una campana bucata ma nessuno ha il coraggio di dirglielo)
  • è una donna cosciente del suo valore: con i maschi si impone solida e forte, con suo fratello invece piega le ginocchia e il crapino e lo guarda innamorata senza scampo


Noi abbiamo tutti paura di lei, tenerla a bada è una sfida. A lei non interessa quello che le succede attorno se questo interrompe il suo personale flusso di pensiero o meglio di azione. Ha una coordinazione mano-occhio e delle competenze fisiche inaspettate rispetto alle sue minuscole dimensioni ma è davvero una grezza. Bisognerà lavorare sulle buone maniere, per esempio spiegarle che su una sedia ci si siede e che quando parla con qualcuno sarebbe gentile non stare a testa in giù.

Volerle bene è un azzardo, un otto-volante di abbracci e strilli. Gli allenatori dovranno inseguirla, le maestre dovranno sudare ma noi la troviamo simpatica. A piccole dosi.