martedì 4 giugno 2013

"UNBELIEVABLE", Bruce Springsteen San Siro 2013

La prima stesura di un post è sempre un po’ confusa, prende forma piano piano.
La prima stesura di questo post è stata puro stream of consciousness!
Ieri ho fatto una delle 100 cose che vorrei fare nella vita. Chi legge dovrà avere pazienza e arrivare fino in fondo. Spero solo di riuscire a far battere il cuore come batte il mio da ieri sera, a 300 battiti al secondo: adrenalina, vita allo stato puro!
La giornata di ieri è iniziata con un gran peso sulle spalle: Maxi non è in forma -né dentro né fuori - Micro ha di nuovo la febbre e altri denti in arrivo che la tormentano, Mini continua la sua altalena tra il bambino dei sogni e il bambino degli incubi e io…bè sono un po’ in lavatrice.
In cima al cahiers de doléances di ieri c’era anche il concerto di Bruce Springsteen, un evento che ha un suo vero perché ma per il quale non mi sono mossa al momento giusto. Ieri non potevo fare altro che prendermela con me stessa, guardare con invidia chi andava al concerto e subire gli scherzi di un’amica con i biglietti in tasca.
Ore 18:50 in autobus, circondata da giovani e meno giovani con le maglie del Boss suona il telefono. Era lo zio barbuto: “ciao, dimmi” - “ho un biglietto vuoi venire?”
Ecco che si apre una sliding door: jeans, maglietta e sono corsa allo stadio.
Un passo indietro: io e lo zio barbuto abbiamo una sola famiglia ma due storie molto diverse. Io sono musicalmente ignorante, per lo più trash e ai miei tempi un concerto non era un’opzione per una ragazza di 16 anni. Ho perso tutta quella fase selvaggia dell’adolescenza. Lui invece, il fratellino, ha una cultura musicale così profonda che sembra il mare nero, ha Bruce tatuato nell’anima dal 1985 e gira l’Europa dal 1988.
Dovevamo arrivare a 40 anni per andare insieme a un concerto, anzi al Concerto e anche sotto il palco, dove vanno i duri e puri. In realtà avevo già visto Bruce nel 2004 e nel 2008 ma con spirito anziano, comodamente seduta in tribuna, al sicuro, guardando i giovinastri da lontano. Ieri sera ero nel pit sotto il palco, a 20 cm dal Boss, una tra i giovinastri. Sono arrivata allo stadio a forma 2.0, senza nessuna esperienza vera di concerti, perplessa e preoccupata, piena di tutte quelle paure che genitori super protettivi mi hanno cucito addosso 30 anni fa.
Ore 20:15 Bruce. Le casse hanno cominciato a vibrare, lo stadio ha esultato e a me è mancato il fiato. Il peso che mi sono portata dietro fino a quel momento sulle spalle è sfumato, svanito e ha liberato la musica, la festa, la voglia di ballare, di cantare, di vivere. È stata un’esperienza sconvolgente, emozionante, trascinante.
Bruce è davvero The Boss. Quando si pianta davanti al suo pubblico a gambe larghe, con la chitarra in mano e lo sguardo truce, è un leader vero. La folla lo segue, lo ama e lui ricambia, ringrazia, rispetta. Regala rock and roll, emozioni, sorride, partecipa, senza fronzoli. Lui, la chitarra e tanta tanta voglia di cantare.
“I'm just a prisoner... of Rock and Roll” e i suoi fan sono suoi prigionieri. Si vede. Dai 10 ai 70 anni c’era tutto il mondo. Niente ruoli, solo musica. Ballavano, cantavano tutti…insieme. Tante mani, voci, lacrime.
“Born in the USA”, lo stadio ha tremato - e io con lui. The River, Dancing in the dark, Born to Run, Thunder Road fino a una trascinante Shout che non finiva mai. Ha diretto la band e la folla con uno sguardo, ha costruito la scaletta raccogliendo dal pubblico le richieste, ha zittito 60 mila persone alzando un sopracciglio. Incredibile…lo ha detto lui, si è letto il labiale mentre parlava con la band: “UNBELIEVABLE”.
Lo zio barbuto è stato folgorato nel 1985 quando il suo papà voleva regalargli il suo primo concerto (perché allora i maschi di 11 andavano ai concerti con i papà). Galeotta fu quella serata, Bruce aveva cambiato per sempre l’anima di quel bambino. Ha dovuto aspettare il 1988, due giorni prima degli esami di terza media. Da allora ad oggi non ha mai perso una data di tutte le tournée europee. Lui e gli amici, i  4 cavalieri del rock oggi professionisti un po’ stempiati che quando parte la musica ritornano gli adolescenti di quando dicevano di andare a studiare dagli amici e fuggivano in treno fino a Monaco per vedere un concerto, andavano in macchina fino a Barcellona e ritorno fino a quando - invecchiati - a Barcellona ci vanno in aereo ma non ne perdono uno. Ieri sera lui si è ricordato dell'inutile e rigidona sorella maggiore che aveva scritto nella lista delle 100 cose da fare nella vita di vivere una serata come quella di ieri. E mi ha chiamato. E mi ha svoltato la vita.
La mia giornata pesante si è sgonfiata dopo 3 ore di musica e allegria; era rimasta solo l’emozione, l’adrenalina, la gioia di aver avuto l’occasione di passare una serata UNBELIEVABLE. Sono rimasta seduta a letto per un paio d’ore a pensare, a godere di quell’energia, quella voglia di vivere che Bruce trasmette e ti cuce addosso...dall’alto dei suoi 63 anni!
Adesso lo so cosa ha provato quel bambino l’11 giugno del 1988. Grazie Bruce.

1 commento:

  1. tutto vero quello che hai scritto e con la profonda voglia di tornare a ieri sera e sentire l'adrenalina, i brividi e l'incredulità di fronte a lui e a ognuno di noi che ha fatto sentire così singolarmente grande !!

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